Il commitment nelle risorse umane
In un mondo sempre più caratterizzato dalla globalizzazione dei mercati dei prodotti, l’importanza del capitale umano riveste un ruolo fondamentale come risorsa che può potenzialmente fornire un vantaggio competitivo per le aziende.
Poichè gli individui di un’azienda sono parte integrante del suo successo, i ricercatori interessati alla gestione del capitale umano, sono sempre più concentrati sulla gestione delle risorse umane al fine di realizzare un capitale umano che possa costituire risorse e capacità.
È interessante capire il legame che sussiste tra le risorse umane e il commitment organizzativo (grado di impegno che un individuo dimostra verso l’azienda) in quanto le risorse umane possono sicuramente suscitare impegno organizzativo da parte dei dipendenti attraverso la motivazione e il desiderio di continuare l’esperienza lavorativa con l’azienda.
Nel 1955 Dyer e Reeves hanno postulato quattro livelli di gestione delle risorse umane che risultano essere correlate tra loro: dipendenti, organizzative, finanziarie e di mercato.
A livello dei dipendenti si osservano reazioni affettive come la soddisfazione e l’impegno ma anche reazioni comportamentali come l’assenteismo e il turnover.
A livello organizzativo ci si focalizza verso la misurazione di prestazioni in termini di qualità, produttività e soddisfazione del cliente.
I risultati finanziari sono il passo successivo e chiaramente fondamentale che portano all’analisi del valore di mercato dell’azienda soprattutto nel caso in cui si tratta di un’azienda quotata in borsa.
Altri studiosi come ad esempio Becker, sostengono che le risorse umane operano in maniera più diretta attraverso le competenze dei dipendenti e la motivazione e di conseguenza sui risultati comportamentali in termini di creatività e produttività.
La definizione e l’impegno profuso verso l’esplicazione del concetto di commitment da parte della letteratura dagli anni ’60 ad oggi, ha prodotto molte teorie a volte divergenti tra loro che non hanno portato a concretizzare bene il concetto, ciò è accaduto perchè si guardava da prospettive differenti (economico, psicologico, comportamentale).
Klein, Morrow e Brinsfield hanno riformulato il concetto di commitment definendolo come la percezione che ha un individuo verso l’obiettivo da raggiungere.
Il legame che viene ad instaurarsi all’interno del contesto lavorativo tra il lavoratore e l’organizzazione è di fondamentale importanza in quanto determina l’impegno dell’individuo e la motivazione che ne risulta.
Tale impegno crea un legame particolare verso l’organizzazione ed in questo caso si parla di organizational commitment ossia l’impegno organizzativo, che viene a delinerasi come un dissuasore di stress e pone obiettivi di benessere organizzativo.
Meyer e Allen hanno postulato l’esistenza di tre dimensioni di commitment:
· l’affective commitment: si basa sul concetto prettamente emotivo e affettivo di attaccamento all’azienda;
· il continuance commitment, si basa principalmente su i pro e i contro di rimanere all’interno dell’azienda perchè potrebbe accadere che la perdita di questo lavoro non sia a vantaggio di un lavoro migliore;
· il normative commitment: in questo caso ci si sente in dovere nei confronti dell’azienda nonostante ci siano difficoltà a rimanere anche in presenza di nuove opportunità; è una sorta di dovere come se fosse la scelta etica più corretta.
Secondo Whyte, la situazione di commitment è relativa a “una persona che percepisce senso di appartenenza rispetto all’organizzazione, che ogni giorno si dedica attivamente al lavoro assegnato e che mediante il proprio impegno si propone di tutelare gli interessi dell’azienda in quanto ne condivide gli obiettivi ultimi” (Management e governance nella pubblica amministrazione, a cura di Giorgio Sangiorgi, pag. 106. Franco Angeli 2008).
Il senso di appartenenza di cui parla Whyte va alimentato ogni giorno grazie alla cura costante dei rapporti con le persone, grazie alla comunicazione efficace cercando di costruire un dialogo ed evitare monologhi inutilmente persuasivi che portano soltanto alla disaffezione da parte del lavatore che percepisce il tutto come una forzatura.
La vita in azienda può e deve essere vissuta in serenità, ma tutto questo accade solo se vi sono capi che instaurano relazioni trasparenti e che instaurino la collaborazione attiva e lo scambio biunivoco.
© 2015/2017 – Giorgio Ciancitto – Valori lavorativi e sviluppo delle risorse umane: lavorare nell’ottica del diversity management.